Felice Dafond
Il pranzo del sabato è dedicato al risotto per la mia famiglia. Durante il periodo di carnevale mi diverto a prepararlo per i cittadini del mio Comune.
Un buon riso, di chicco grosso (Vialone), non interamente «sbramato». Nella casseruola, migliore se di rame (che però non posseggo), vanno messi la cipolla tagliata finemente, un po’ del mio olio siciliano quanto basta, soffriggo, metto il riso, “secondo l’appetito prevedibile degli attavolati” (Carlo Emilio Gadda), un buon bicchiere di vino rosso (i piatti si preparano solo con un buon vino), evaporato l’alcool inserisco il brodo di manzo e verdure (carote e sedano) preparato separatamente, e dello zafferano sciolto nell’acqua calda (Carlo Emilio Gadda lo definiva “vivace, incomparabile stimolante del gastrico, venutoci dai pistilli disseccati e poi debitamente macinar del fiore”), segue la bollitura del riso che viene rimestato rigorosamente con un mestolo di legno, con movimenti regolari e simili durante tutta la cottura. A cottura terminata, e sempre come amava spiegare Carlo Emilio Gadda burro “quantum sufficit, non più, ve ne prego; non deve far bagna, o intingolo sozzo: deve untare ogni chicco, non annegarlo” e un bicchiere di latte. Il risotto alla milanese non deve essere scotto, un po’ più che al dente sul piatto. Buon parmigiano grattugiato.
Leggendo avete l’acquolina in bocca ? Buon appetito